Gianfranco Angioni fuori con “Malocchio”

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Gioco d’azzardo, usura, rovina, amore, stregoneria, morte sono temi forti. Malocchio, è un romanzo in cui si intrecciano vicende di persone comuni e di persone dotate di poteri paranormali. In esso si parla di dipendenza dal gioco, di depressione e si ripropongono in qualche modo le vicende mitologiche di Giasone e Medea. Quanto descritto nel romanzo avviene tra la Lombardia e la Sardegna nell’estate del 2012.

Giasone è davvero succube di Medè?

Si, ma in lui vi è ancora la forza per liberarsene, in qualche modo, in diversi modi.

Giasone teme il rientro di Medè prima della sua visita da Nerina.

Mede è davvero l’artefice del suo allontanamento al punto da indurlo a tradirla?

Direi che Medè conosce quanto avverrà, è una strega, ma non piò interferire con altre volontà a tal punto, non può cambiare il destino di Giasone, può solo lasciare che quanto deve avvenire si compia.

L’amore ormai sesso si tramuta in veleno. Cosa intendi dire con l’espressione di pag 158 in cui affermi che “se la morte fosse stata un punto di arrivo, ebbene non ne aveva timore”

Purtoppo non è nemmeno più sesso, è assoluto possesso di Giasone, è pratica che definirei infernale. Questo è l’inizio della fine per Giasone. Lui manifesta sintomi di depressione oltre la ludopatia e inizia a pensare alla morte come alla salvezza.

Gianfranco, perché scrivere un libro?

A tanti è venuta l’idea di scrivere un libro, spesso a chi andava bene in italiano e scriveva bei temi a scuola, a chi ha avuto esperienze emozionalmente coinvolgenti, sia positive che negative  e vuole condividerle, a chi ha in mente delle idee e vuole metterle nero su bianco. Ecco, questi sono solo esempi di quello che può spingere una persona a essere scrittore.

C’è un’idea alla base del processo creativo ed è quella di volersi esprimere, possibilmente ricercando la bellezza, e questo è un fatto artistico, poi la volontà di condividere la propria opera, e questo è un fatto  culturale, ma l’inizio di tutto sono le idee, queste le più disparate, perché nel processo creativo di un libro, di un’opera artistica c’è il talento, ossia la capacità di fare qualcosa di diverso, di mai letto e sentito che differenzia l’autore da chiunque altro.

Poi c’è la passione, strettamente legata al talento, che spinge l’artista a lavorare e insistere col suo lavoro, a avere intuizioni che, a volte, lo colgono in momenti poco indicati all’elaborazione artistica, che so, quando si trova per acquisti dal macellaio o durante una riunione di lavoro o durante una passeggiata.

E c’è il metodo, che è la parte più noiosa del processo creativo, ma è quella che consente di procedere e, avendolo sempre sotto controllo, di migliorare e instradare lo scritto fino al suo completamento.

Nel metodo includerei anche il buon uso della grammatica, questa necessaria perché consente di dare un significato univoco a ciò che si scrive e attribuire un significato univoco a ciò che si legge, e la sintassi, ma questa è pericolosa perché impone delle regole che possono influire sullo stile dello scrittore, castrarne l’espressività e l’innovazione del linguaggio.

Mi rendo conto che quanto espresso prima non risponde alla domanda del perché scrivere un libro perché tanti lo fanno pensando di avere doti sufficienti per diventare famosi, tanti perché hanno una certa parlantina e pensano che scrivere sia un po’ come parlare, tanti lo fanno perché essendo personaggi noti sono spinti/sostenuti da un editore col miraggio di cospicui guadagni. Fama e denaro quindi come premio allo scrivere. Qualcuno lo fa per rivalsa, perché non ha avuto soddisfazioni dalla vita, dal lavoro che svolge e pensa di potersi rifare con un successo letterario.

Fama, denaro, successo, sono stimoli molto forti e tanti ne sono spinti per mettersi a scrivere.

Però, tanti lo fanno perché credono nel potere del libri, nel fatto culturale, perché ritengono di avere conoscenze da poter rendere fruibili al prossimo, per tramandare esperienze che altrimenti andrebbero perse. Tanti lo fanno e cercano di creare opere apprezzabili dal punto di vista formale e stilistico, qualcosa che è apprezzabile ed è apprezzato dall’ultimo giudice, cioè il fruitore finale, il lettore.

Questo a volte influenzato da critici letterari, da fatti di cronaca collegati all’autore o di grande richiamo per la società.

Per l’autore, e qui finalmente rispondo alla domanda in modo diretto, scrivere un libro è un atto liberatorio, la creazione di una forma tangibile, come sono parole e pagine, originata da qualcosa di astratto, le idee. Chi ha idee e esperienze, se ha anche la capacità di saper scrivere correttamente, dovrebbe, deve scrivere un libro, qualunque sia l’argomento o il genere scelto, per lasciare memoria e nutrimento per altre intelligenze e sensibilità, certamente quelle di chi ama leggere, che è il contraltare allo scrivere, infatti io scrivo perché altri mi leggano.

Scrivere arricchisce anche lo scrittore, è quasi uno specchio per conoscersi meglio e realizzarsi.

Gianfranco, dal tuo punto di vista, da cosa nasce un libro?

Scrivo perché voglio esprimermi, far conoscere il mio pensiero, parlare di persone, sentimenti e comportamenti, anche fuori dalla norma.

Lo stimolo a esprimersi, nasce dalle esperienze di vita proprie e altrui, dall’osservazione del mondo in cui si vive, dalle conoscenze proprie che includono anche le letture che si fanno, libro, dizionario o fumetti che siano.

Il libro nasce anche da stimoli personali insiti nello scrittore oppure originati dalla ricezione di una qualunque opera artistica, sia letteraria o musicale, o di arti visive e plastiche, del cinema, potenziata dalla capacità degli autori di tali opere a creare emozione in chi ne fruisce.

Un libro nasce da una o più emozioni provate da chi scrive e che si chiede, l’autore, sono in grado di trasmettere emozioni? Perché oltre a perseguire bellezza, che in sé sarebbe un fatto freddo, superficiale, l’artista cerca di creare e trasmettere emozione. Chi agisce in tal modo è artista.

Artista è anche colui che rompe con le regole, col passato, alla ricerca di qualcosa di nuovo e di diverso e già questo, aprire nuove vie al pensiero, alla gioia che può originare la lettura, o la visione di qualunque altra opera d’arte, già questo origina emozione, coinvolgimento personale.

Che poi, nel senso comune e nella percezione collettiva, per artista si identifichi chi agisce in modo stravagante, chi si veste in modo strano, si presenta e agisce in modo fuori dalle righe, che spesso è sinonimo di mancanza di educazione e di mancanza di rispetto per il prossimo.

Questi sono aspetti superficiali di rottura delle regole, del contrastare il senso comune che, per carità, possono modificare le convenzioni sociali, ma restano qualcosa di facciata e , come tale, qualcosa di superficiale, appunto.

Gianfranco Angioni in pillole

  • Nasce a Cagliari nel 1947. Chimico di formazione, si trasferisce a Milano, dove frequenta il corso di pittura per Artefici dell’accademia di Brera.
  • Dal 2014 vive a Sassello, in Liguria, e si dedica unicamente alla scrittura e alla pittura, esponendo dipinti in mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Ha scritto articoli sull’arte per il sito galleriamilanese.com
  • Nel 2022 esordisce con Le metamorfosi imperfette, pubblicato da PAV Edizioni.
  • Nel 2023 pubblica Malocchio, ancora con PAV Edizioni.
  • Nei suoi romanzi e racconti evidenzia lo studio degli aspetti psicologici e, in qualche caso, delle manifestazioni psichiatriche dei personaggi. La consapevolezza dell’immutabilità della natura umana è un tratto distintivo del suo lavoro, come pure i richiami alla mitologia, a qualche autore classico e agli aspetti magici ed esoterici che, in maniera più o meno palese, si evidenziano in alcuni comportamenti umani.

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Dove trovare i libri di Gianfranco Angioni: https://pavedizioni.it/prodotto/malocchio

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